NON C’ERA UNA VOLTA IL CAD
CAD, acronimo di
Computer-aided Design, ossia progettazione assistita dal calcolatore. Oggi
esistono centinaia di software utilizzati per il disegno tecnico,
architettonico, meccanico e cosi via, è una cosa normale, comune, oserei dire scontata.
Ma non fu sempre così.
Disegnare a mano
Ma non fu sempre così.
Ci fu un tempo,
non troppo lontano, in cui l’umanità dovette sopravvivere senza la rivoluzione
informatica. Tempi duri, persino inimmaginabili per i più giovani. Come narrano
alcuni valorosi superstiti, prima del CAD, gli studi di architettura erano una valle di lacrime – a volte era solo sudore, in realtà, o entrambe le cose. La parola "valle", inoltre, non è solo
metaforica, è che effettivamente serviva molta superficie.
Noi freschi giovincelli abbiamo solo una vaga idea di ciò che deve essere stato per i progettisti quel campo di battaglia che, per comodità, chiameremo “tavolo da disegno”. Giornate, nottate, giovinezza, vite, gioie e dolori si sono consumati sopra (e sotto) il tavolo da disegno.
Noi freschi giovincelli abbiamo solo una vaga idea di ciò che deve essere stato per i progettisti quel campo di battaglia che, per comodità, chiameremo “tavolo da disegno”. Giornate, nottate, giovinezza, vite, gioie e dolori si sono consumati sopra (e sotto) il tavolo da disegno.
Di seguito il
racconto/intervista che ho raccolto dalla voce di un veterano che,
fra la nostalgia e la consapevolezza di chi "solo lui sa cosa ha passato", mi ha
raccontato il delirio di quegli anni (più qualche trucco del mestiere),
sorprendendosi lui stesso di essere sopravvissuto a tutto ciò. Per rendere il racconto immersivo come un paio di HoloLens, userò i verbi
al presente, così da trasmettere un minimo di coinvolgimento nei cuori (e nella
pelle) degli ignari, fortunati, giovani.
Disegnare a mano
Per prima cosa, è bene sapere che si deve
disegnare TUTTO a matita e finire il progetto almeno venti giorni prima, perché
non esiste proprio che mandi tutto in stampa la sera prima della consegna. Se
la tua maggiore preoccupazione è il plotter in panne, allora non hai mai
provato il terrore di sbagliare quando avevi interi progetti da ridisegnare a
china prima della scadenza. E qui ha inizio l’avventura.
Lo scotch
Innanzitutto, bisogna fissare bene i fogli sul tavolo da disegno con il nastro adesivo adeguato, per
fare in modo che i lucidi non si strappino a causa del nastro sbagliato (per
intenderci, quello marrone da imballaggio non va bene), oppure a causa del
tecnigrafo che verrà poi fatto danzare sul foglio come un burattino e che potrebbe
accidentalmente strappare tutto quel minuzioso lavoro da amanuense che avete fatto.
In trincea
Una volta calibrato anche il tecnigrafo con l’angolo perfettamente a 90°, si è finalmente pronti a costruire attorno al tavolo da disegno una trincea degna della Prima Guerra Mondiale, perché da quel momento in poi NESSUNO può avvicinarsi in ALCUN modo e per NESSUNA ragione al tavolo e ai fogli. Nessuno. Né la mamma, né il fidanzato, né il cane, né il Papa. Non si può certo rischiare che qualcuno rovesci qualcosa, o lasci impronte, o respiri la stessa aria. Pensavate che l’Uomo Vitruviano di Leonardo fosse il disegno più delicato del mondo? Beh, vi sbagliate.
In trincea
Una volta calibrato anche il tecnigrafo con l’angolo perfettamente a 90°, si è finalmente pronti a costruire attorno al tavolo da disegno una trincea degna della Prima Guerra Mondiale, perché da quel momento in poi NESSUNO può avvicinarsi in ALCUN modo e per NESSUNA ragione al tavolo e ai fogli. Nessuno. Né la mamma, né il fidanzato, né il cane, né il Papa. Non si può certo rischiare che qualcuno rovesci qualcosa, o lasci impronte, o respiri la stessa aria. Pensavate che l’Uomo Vitruviano di Leonardo fosse il disegno più delicato del mondo? Beh, vi sbagliate.
Finalmente eccoci
pronti a disegnare. Mettiamo su un po’ di musica, il caffè è pronto e a debita
distanza (ma raggiungibile con una serie di cannucce telescopiche), i pennini
sono in posizione...
I pennini. Che Brunelleschi ci assista!
Pennini
La ricarica del
pennino è un’incognita. Bisogna uscire dalla trincea, LONTANO dal tavolo da
disegno, tirare la cartuccia e sentire un suono, come un “PLOP”, poi ricaricare
le tanichette, LONTANO dal tavolo da disegno (nel caso non fosse chiaro),
perché maneggiare i pennini è come maneggiare tritolo: una volta infilata la
cartuccia, c’è il rischio che esploda come una piovra e che i tuoi disegni sembrino
più che altro delle macchie di Rorschach che non ci hanno creduto abbastanza.
Ogni tanto
qualche pennino si ottura. In tal caso bisogna smontarlo, pulirlo con acqua,
ascoltare la pallina al suo interno e scuoterlo ogni tanto per rianimarlo.
Come distinguere
i vari pennini? A ogni spessore è assegnato un ruolo e un colore: 0.1 rosso,
0.2 giallo, 0.3 grigio, 0.4 marrone, 0.5 rosa, 0.6 celeste, 0.7 non pervenuto,
0.8 “spurio”, 0.9 non pervenuto, 1mm idem, 1.2 arancione, 2mm per la
squadratura. Ci terrei a sottolineare che l’intervistato ha recitato a memoria
spessori e colori corrispondenti, con alcuni, comprensibili, vuoti di memoria.
Se qualcuno si ricordasse i colori mancanti, è il benvenuto.
Adesso che i
nostri pennini sono pronti, è bene avere accanto una pezzolina per l’orrenda
gocciolina che il pennino rilascia quando iniziamo a tracciare una linea, onde
evitare fastidiosi ispessimenti alla testa di questa.
A questo punto
dell’intervista, la commozione assale entrambi: l’intervistato, per il ricordo
di ciò che fu e chi scrive, al solo pensiero di ciò che avrebbe potuto essere
se non fosse subentrata la tecnologia. O forse era un attacco di panico.
Pausa caffè.
Fine prima parte.
Arch. Alessia Malara
Arch. Alessia Malara
La pratica del disegno a mano è un arte sempre gradita, anche se oggi si limita a poche "dimostrazioni" grafiche a scopo più estetico che didattico. I giovani architetti non proveranno mai l'emozione di far fluire le idee dalla mente direttamente su carta, ciò nonostante non possono fare a meno di guardare ai progetti dei maestri del passato con ammirazione e stupore. Tramite un mezzo talmente "arcaico" quale un pennino, utilizzato con maestria, si era in grado di regalare la visione nitida di un sogno; cosa che oggi pare sempre più difficile con le grandi semplificazioni dei mezzi informatici. Come se questi avessero introdotto una distanza incolmabile tra l'architetto ed una visione coerente della realtà che lo circonda; tra il mondo dei sogni e quello delle intenzioni.
RispondiEliminaUn'arte* Pardon.
EliminaGrazie per la bellissima risposta!
EliminaIl disegno a mano, per me, è una connessione diretta con il pensiero, con l'idea. Non bisogna, però, sottovalutare le moderne tecniche di rappresentazione, non tanto il CAD, quanto le rappresentazioni digitali in photo-render, diverse per tecniche e stili e che spaziano da quelle talmente realistiche da sembrare vere a quelle più surreali e fumettistiche e richiedono maestria, tanto allenamento (e anche talento). L'ideale sarebbe la coesistenza di entrambe le cose, perché non si può tornare indietro, ma nemmeno dimenticare il passato.