Essere imprenditore di start-up a 31 anni in Italia ai tempi della pandemia

Pubblichiamo qui di seguito la testimonianza inviataci da Paolo, progettista e imprenditore del settore Ho.Re.Ca. che in questi tempi di crisi sanitaria e economica si trova a dover fronteggiare il grosso problema del lavoro in Italia e come lui, tanti altri imprenditori e liberi professionisti. Dalle prime esperienze nell'azienda di famiglia, alla ricerca dell'indipendenza, all'apertura della sua impresa, fino all'arrivo della pandemia, che ha cambiato tutto e che, come la crisi economica del 2008, ha tagliato le gambe a quella che molti hanno definito la nuova "lost generation", una generazione quella dei 30-40enni (allora 20-30enni) colpita duramente per ben due volte, in anni fondamentali alla costruzione del proprio futuro lavorativo e personale. A questo scenario, si somma il sempre presente divario fra nord e sud Italia: se nel primo caso essere imprenditori è normale, nel secondo, succede spesso di essere considerati dei folli, ma personalmente ci vedo solo tanto coraggio.


Foto di Alessia Malara - All rights reserved


Ecco cosa ci ha raccontato Paolo:

Faccio parte della generazione più disgraziata che l’Italia possa aver mai avuto dal dopoguerra a oggi.

Sono cresciuto in una famiglia di imprenditori del Sud Italia, con le difficoltà di tante e tante battaglie dovute a momenti di crisi del mercato, crisi di Governo, crisi familiari. Ma ho sempre vissuto queste lotte più come un'occasione per temprarsi, piuttosto che come momenti drammatici. Così mi è stato insegnato e così sono abituato a pensarla ancora oggi. Ogni volta che si usciva da questi momenti dicevo a me stesso, ripetendo insieme alla mia famiglia, frasi del tipo "il peggio è passato", "da adesso è tutta discesa", o nel mentre imperversavano le difficoltà mi dicevo che "non può piovere per sempre". Insomma tutte frasi fatte, utilizzate per cercare di motivarsi in periodi difficili e bui. Ho lavorato al fianco della mia famiglia per tutta l'adolescenza, maturando esperienza e dando il giusto valore al denaro. Ho lavorato nei centri commerciali come promoter, per non gravare sulle spalle di nessuno, proprio in quei momenti tanto bui di cui parlavo, ma quando serviva, ero sempre presente per dare una mano. Ho visto fare i salti mortali alla mia famiglia per pagare tutti i debiti creati dal sistema, dalle politiche burocratiche, o semplicemente dai cattivi creditori. Ho cercato l'indipendenza, creandomi delle mie personali esperienze di lavoro per poi, un domani, intraprendere la strada dell'imprenditoria. Sono andato a fare esperienze lavorative in altre regioni, sono tornato, sono ripartito e sono entrato nel sistema del lavoro precario, subendo anche le politiche di turnover che molte aziende applicano, con l'appoggio dello Stato. I famigerati stage formativi, i famosi contratti a tempo determinato, tutti finiti con un semplice "grazie ma non abbiamo bisogno al momento". Mi sono sposato e insieme a mia moglie abbiamo attraversato gli stessi iter lavorativi. Sei mesi di stage, dodici mesi di contratto a tempo determinato e un caloroso benservito. Per ben tre volte. A ogni termine di rapporto lavorativo, mi ripetevo delle ottimistiche frasi fatte "ciò che non ti uccide ti fortifica", "la quiete dopo la tempesta" e blablabla.

Stanco di questa vita e con un bagaglio culturale consistente, decido di aprire una mia attività, seguendo le orme del settore di famiglia. Faccio un prestito per avviare questa start-up a dicembre 2019, apro uno studio, acquisto il necessario. Inizio, consapevole che sarà difficile, ma le solite frasi fatte e l'esperienza ottenuta negli anni mi hanno dato la forza necessaria per auto-trasmettermi la serenità e l'ottimismo di cui l'imprenditoria ha bisogno per avviarsi. Inizio addirittura ad avere i primi incarichi. Poi è arrivato lui: il virus pandemico incontrollato, in un Paese già affaticato dalle sue lotte politiche e assolutamente non equipaggiato per fronteggiare tale emergenza. Chiudo, temporaneamente. Il primo mese la preoccupazione era giustificata, ma non del tutto nociva, le parole di questo Governo, se pur non in linea con i miei ideali, erano confortanti e con una presa di posizione tutto sommato salda. Secondo mese. Quella che doveva essere la certezza di un rapporto di lavoro per mia moglie da tempo determinato a tempo indeterminato, esplode in un caloroso "ci dispiace, ma è un momento difficile e non sei rinnovata".


Per gentile concessione di IMIS Design, la start-up gestita da Paolo

Da qui, il caos: notti insonni, attacchi di panico, incombenze economiche alle porte, conto in negativo, telefonate di sollecito da parte della banca, Governo confuso e aiuti inesistenti, perché le start-up, piuttosto che essere considerate il futuro imprenditoriale dell'Italia, non sono state affatto tenute in considerazione, non essendo classificate come "aziende consolidate". E ancora: affitti da pagare, incertezza sulla propria attività, aiuti da parte dello Stato rimandati, confusione, un giorno leggi una cosa e il giorno dopo un’altra. Rabbia, sconforto, tristezza e ti accorgi che le frasi fatte adesso non fanno più effetto. Ti accorgi che il futuro adesso è sempre più lontano, vorresti trovare conforto in una guida al Governo, che ti spieghi una strategia solida e fattibile, o anche semplicemente la verità nuda e cruda della situazione, così da poterti organizzare. Invece trovi disaccordo, notizie confuse e inesatte. Hai giusto la forza per far stare tranquilla tua moglie, ma stai perdendo pure quella. All'improvviso, ti domandi seriamente quanto ancora riesci a sopportare? Quanto ancora sei disposto a subire? Forse futuro qui non ce n'è. Adesso invidi gli amici che sono andati a lavorare all'estero. Potrebbe essere una soluzione, tutto sommato. Come abbiamo sempre fatto: ricominciare da capo, ma in un Paese che permette l'avanzamento generazionale, in Paesi dove, se vali, una società ci tiene ad averti, in un rapporto di stima reciproca.

Vorrei tanto non voltare le spalle al mio Paese, ma il mio Paese, da quando sono nato, ha voltato le spalle a me.


Foto di Jan Vašek da Pixabay

 Arch. Alessia Malara

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